È evidente quanto il teatro in Italia si sia troppo intellettualizzato e non si ponga più il problema di allargare i suoi confini o il suo pubblico, divenendo sempre più spesso autoreferenziale, nei modi, nei linguaggi, nei temi affrontati. Per questo la scena italiana continua a guardare con sospetto al nuovo circo, buono per qualche data a natale o per vivacizzare un festival estivo, senza comprendere che proprio in molte delle creazioni nate su questo territorio l’attenzione per il contemporaneo, con le sue tensioni e le sue tragedie si trasferisce in strumenti di comunicazioni immediatamente percepibili senza essere meno innovativi o artisticamente raffinati. Il malinteso si manifesta, nel suo contrario, anche nelle cattedrali internazionali del consumo spettacolare e dell’intrattenimento, dalla Cina a Macao, da Dubai a Los Angeles, dove strumenti e mezzi del nuovo circo servono soltanto a creare un facile intrattenimento proprio perché hanno l’immediato richiamo della festa e della meraviglia senza tante complicazioni intellettualistiche, e quanto più lontano possibile dalle tensioni del nostro mondo.
Antonio Audino è curatore dei programmi teatrali di Rai Radio3 e critico teatrale de Il Sole 24 Ore. Teatralmente onnivoro osserva da sempre con particolare attenzione la nuova creatività, sopratutto giovanile, italiana e straniera e ha seguito in Italia le varie manifestazioni o gli spettacoli legati all’idea di un circo rinnovato e contemporaneo.
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