Breve storia delle origini

Cosa vuol dire “contemporaneo”? In genere l’aggettivo si dà a un’arte quando una parte dei suoi protagonisti, attraverso il linguaggio che gli è proprio, cerca di materializzare una visionarietà legata al proprio tempo. Per il circo può sembrare inusuale: il più popolare e antico degli spettacoli ha un immaginario ricco di stereotipi (per dirla con Fellini “fradicio di letteratura”), non ultima la malintesa destinazione infantile, e dunque può essere difficile pensarne declinazioni diverse dalla natura classica.

In realtà il circo, oltre ad avere sempre avuto una dignità artistica solida, nel corso dei secoli ha sempre cercato di darsi con vivacità un’estetica del proprio tempo: la sua immediatezza e fisicità ne hanno fatto il crocevia ideale tra le arti in tanti momenti della storia, in regolari e complesse mutazioni della forma.

Il circo alla metà del XX secolo
Dopo la seconda guerra mondiale, il circo occidentale (Europa, Americhe, Australia) tocca l’apice nel modello itinerante sotto il tendone, gestito da dinastie almeno alla quarta generazione, e una miriade di artisti diffusi sul pianeta tra teatro di varietà, night-club e televisione: un circuito fonte di contaminazioni spontanee non indifferenti. E’ un universo vastissimo, ma un modello generalmente stanco, sempre più minacciato dall’anacronismo dei costi, dall’urbanizzazione e dall’emergere di nuove forme popolari di divertimento generate dalla diffusione della televisione e dell’automobile. E’ un circo minacciato che restava comunque capace di un notevole coinvolgimento di massa e di punte di creatività interessanti.
Negli anni ’50 e ’60, l’Occidente è confrontato a un nuovo modello circense: le tournée dei circhi sovietici. Si assiste a programmi in cui la successione dei numeri é armonizzata da una visione estetica, e gli incredibili exploit acrobatici o con animali sono un perfetto equilibrio tra dominio del corpo e bellezza gestuale. I clown russi (in testa Oleg Popov) impongono un modello poetico con una vera e propria drammaturgia comica ispirata al cinema muto. Fu già nel 1926 in Russia che, sulla base dei pionieri italiani e francesi, era nata la base per prima scuola di circo strutturata. In seguito si scoprirà anche la purezza degli acrobati cinesi. Artisti russi e cinesi non erano nati nel circo.
In occidente la straordinaria trasmissione del sapere propria alle famiglie circensi era dominante, ma non esclusiva. Già dal secondo Ottocento, con l’invenzione borghese del tempo libero, le palestre italiane e francesi (vera preistoria delle scuole di circo) avevano prodotto i più grandi acrobati del mondo (é il caso di Jules Léotard, inventore del trapezio volante nel 1859). Attorno al 1950, non erano rare le scuole e compagnie di circo amatoriale nei campus statunitensi o scuole private di acrobazia a Parigi, già capitale di circhi stabili e di una cultura circense urbana.
All”emergere di un “nuovo circo” non bastavano però sistemi occasionali di apprendimento, senza una riformulazione estetica.

Il Circo di Mosca nel 1958

Link: il duo aereo Clérans al Cirque d’Hiver di Parigi, primi anni ’60

Il precursore classico della nuova giocoleria moderna, Francis Brunn (1969)
https://www.youtube.com/watch?v=Jj6JcIy8WOo

La riscoperta del circo
Negli anni ’60, la nozione di “contemporaneo” già emancipava il mondo della danza e del teatro dai formati classici, con una forte liberazione della fisicità e una rimodulazione del rapporto con spazio e pubblico. Il circo, con la sua spontaneità, era già stato un modello per le prime avanguardie novecentesche: esso diventa ideale allo spirito di libertà che anima la controcultura attorno al 1968. Le arti della scena, in una ricerca dell’essenzialità, riscoprono radici come la Commedia dell’Arte, il mimo romantico, la tradizione clownesca e acrobatica del circo. E’ nei primi anni ’70 che molte realtà teatrali strizzano l’occhio al modello circense, aprendosi ai linguaggi di clown e acrobazia: compagnie come il Theatre du Soleil di Ariane Mnouchkine, il Grand Magic Circus di Jerome Savary, Dario Fo, Els Comedians invadono l’Europa presentando le loro piéces con dinamiche performative e organizzative proprie al circo e alla sua natura festiva. La strada e il tendone stesso diventano nuovi/vecchi spazi performativi; acrobati, trampolieri, coriandoli e mangiafuoco diventano ingredienti consueti della creazione teatrale.
Questa iniziale riappropriazione del linguaggio circense porta infine a una riflessione sul genere stesso del circo. La prima e più eclatante é quella di Fellini, che con il docufilm “I Clowns” (1970) apre la mitologia della “crisi del circo”. Se il circo degli anni ’60 e ’70 restava un grande spettacolo popolare con eccellenti proposte, la sua natura commerciale ne minacciava l’anima, e le difficoltà di sopravvivenza sostituivano il disincanto alla natura festiva.

“Les Clowns” di Ariane Mnouckine (1968)

Happening del Grand Magic Circus (1973)

Pionieri neoclassici negli anni ’70
Le prime esperienze innovative di “nuovo circo” non sono di distanza, ma al contrario di recupero dello spirito classico: quasi una volontà di aggiornamento della tradizione. Il principale aspetto di cambiamento è per ora solo quello di una generazione nata al di fuori della comunità circense, con la sua rilettura romantica e surrealistica del circo classico. Se si vuole dare una data, il primo “nuovo circo” può essere nel 1971 il francese Cirque Bonjour di Jean Baptiste Thierrée (poi Cirque Imaginaire): sogno surreale nato dalla frequentazione delle famiglie tradizionali di un giovane attore con la compagna Victoria Chaplin. Simile é l’esperienza tedesca del poeta Andre Heller e dell’illustratore Bernhard Paul con il loro Circus Roncalli (1974). Sono entrambi spettacoli sotto un tendone classico, con tanto di animali feroci, ma con il principio della scrittura poetica. E’ un tentativo di dare una dimensione più onirica e di costruzione teatrale, con autorialità precise in scrittura, musiche, costumi. In una dimensione più vicina allo spettacolo di strada, ma sempre di natura circense, sono il Pickle Family Circus a S.Francisco (1974), e in Francia il Puits aux Images (1973, poi Cirque Baroque), il Cirque Aligre (1976, poi Zingaro) e il Circo Bidone (1975, da una cui costola nascerà Archaos). Sono queste ultime le esperienze destinate a fondare negli anni ’80 un immaginario diverso da quello del circo classico. Nel frattempo però il “nuovo circo” resta dominato dalla forma neoclassica. Nel 1973 il cineasta Pierre Etaix con la cantante e attrice Annie Fratellini (erede di grandi circensi) fonda un piccolo circo-scuola ispirato ai modelli antichi ma pensato per il proprio tempo; quasi nello stesso tempo la famiglia circense di Alexis Gruss genera un’operazione simile con l’attrice Sylvia Monfort, con il nome “Cirque à l’Ancienne”, nel cui paradosso c’é una dichiarazione di modernità: gli spettacoli avranno un filo conduttore e una regia solida, sul modello in voga nel secolo precedente, poi estinto e conservato in Russia. E’ proprio il circo sovietico a fondare a Mosca nel 1972 lo “studio” di creazione circense, vero e proprio atto di nascita della moderna regia di circo e di quelli che dagli anni ’90 saranno i “centri di creazione” occidentali.
L’esempio di Roncalli, Gruss e Fratellini è esportato oltreoceano con la creazione nel 1977 del Big Apple Circus a New York (per un periodo anche con una scuola), oggi un’istituzione.
Il circo tradizionale dei primi anni ’70 non resta immune da episodi di innovazione: gli spagnoli Castilla (“Circo Americano”, amato da Dalì) e gli Orfei in Italia (“Circo delle Mille e una Notte”, frequentato da Fellini) riescono ad armonizzare artisticamente grandi creazioni a tema, sebbene limitati ad ereditare il formato industriale del morente teatro di varietà , ma coinvolgendo creativi esterni al mondo del circo. Anche negli Usa, la nuova gestione del circo Ringling-Barnum (il più grande al mondo) dal 1970 fa appello a creativi di Broadway. Sono forme di grandioso “maquillage”(per tendoni fino a cinquemila posti), in parte antenate del Cirque du Soleil. In esse, se costumi e idee di integrazione armonica sono notevoli, il concetto di regia e coreografia raramente si stacca dalle declinazioni simmetriche e processionali proprie della sfilata sontuosa e dell’happening festivo, nelle sue prevedibili variazioni tematiche (di volta in volta oriente, western, fiaba, etc.). Al contrario, le operazioni degli innovatori sopra citati, pur se di proporsioni modeste, iniziavano invece a valorizzare l’intimità emotiva dell’esperienza circense e del contatto poetico tra pubblico e personaggio-artista: è da cercare in esse le radici del nuovo circo..

Jean Baptiste Thierrée e Victoria Chaplin ne “I Clowns” di Fellini (1972)

Il Circo delle Mille e una Notte dei fratelli Orfei (1973-75)

Il Cirque à l’Ancienne Gruss (1974)

L’invenzione delle scuole di circo
Ai primi “nuovi circhi” oltre alla creazione artistica si accompagnava la nascita della formazione circense occidentale. Un primo tentativo si ha nel 1966 alla New York University per iniziativa di Hovey Burgess, profondamente influenzato dalla pedagogia sovietica. Nel 1968 il Ringling-Barnum fonda il “Clown College”, decisivo trampolino per grandi nomi del teatro gestuale americano. Le esperienze citate di Gruss e Fratellini corrispondono anche ai primi due tentativi veri e propri in occidente di scuola di circo organizzata (entrambi nel 1974), come incrocio tra il sapere delle famiglie e la pedagogia strutturata ancora una volta d’ispirazione russa. Se queste esperienze avranno vita breve, quella di Annie Fratellini (in cui gli insegnanti sono vecchie glorie del circo classico) diverrà il più longevo e influente modello mondiale per il moderno sistema delle scuole di circo. Una pedagogia del clown prende forma anche nei corsi di Jacques Lecoq, e con la fondazione in Svizzera della Scuola Dimitri (1975).
Ma é un mondo popolato anche da autodidatti e transfughi: come Philippe Petit, la cui incredibile camminata “clandestina” sul filo tra le twin towers di Manhattan é un po’ l’atto poetico fondante di una prospettiva liberata del circo; o Leo Bassi, che spezza la confortevole tradizione dinastica per affrontare la strada e vivere con distacco creativo la propria dimensione di acrobata.

La scuola del circo Fratellini (1975)

La scuola del circo a Mosca (1968)

A cura di Raffaele De Ritis

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