Il circo di creazione attuale

Ph © Tiziano Ghidorsi

Dopo il 2010 il circo contemporaneo  ha raggiunto un’espansione e una diversità  che ne fanno una delle forme artistiche  più vivaci al mondo, e sempre più difficile da classificare nelle sue declinazioni. Quali sono i suoi confini con il “teatro di strada”? Fino a che punto la ricerca sul corpo  è circo, teatro fisico o danza?  L’unica risposta é quella di un gioco contraddittorio, per un universo ancora troppo vivo e ricco per essere storicizzato. Sicuramente si tratta di un fenomeno ormai globale. Con altrettanta certezza, sembra abbandonata la rincorsa a tutti i costi verso teatro e danza, per una riscoperta “contemporanea” del gesto circense verso una sua rinnovata purezza.

Le frontiere della formazione
Una chiave decisiva del successo attuale é l’accessibilità alle pratiche.  Le scuole di circo, anche solo di tipo ludico o per l’infanzia, ormai animano le comunità in quasi in ogni città del pianeta. Ancora più complessa é la realtà del “circo sociale”, tra formazione artistica e integrazione culturale di gioventù disagiata, specialmente nelle aree più povere del mondo. In quanto alla formazione di tipo professionale, essa ha visto nel principio di questo secolo una strutturazione definitiva e chiara delle scuole di circo in grado di formare artisti: il Cnac  e l’Academie Fratellini in Francia , l’Esac di Bruxelles, Circus Space a Londra, la scuola del circo in Svezia, l’Ecole Nationale du Cirque in Canada  sono le uniche in occidente a fornire un diploma statale di artisti del circo. Ma non avrebbero forza senza le numerose scuole riconosciute come preparatorie, che stimolano e accompagnano le vocazioni nel percorso eventuale dal tempo libero all’ambizione professionale (in Italia Flic e Vertigo, entrambe in Piemonte). Ma non esistono solo Europa e Nord America: gli artisti di circo professionisti oggi provengon anche dall’Australia, con  il centro  Nica legato al mondo accademico; restano  determinanti le scuole russe e quella ucraina di Kiev, che negli ultimi decenni é stata la fucina degli acrobati più completi al mondo, anche nel talento coreografico. Il più grande bacino circense del pianeta é comunque la Cina, dove l’acrobazia é in continua evoluzione anche sotto il profilo estetico. Con l’emergere poi di grandi industrie come il Cirque du Soleil (che ha bisogno di migliaia di artisti), il mondo sportivo ha trovato uno sbocco professionale nel circo, con la capacità di coniugare la preparazione atletica all’apprendimento più artistico. Infine, non é affatto scomparsa la trasmissione dinastica del circo: molti giovani di famiglie tradizionali sono coinvolti in progetti di circo contemporaneo, e l’Accademia del Circo di Verona resta un incrocio virtuoso tra sistema familiare e pedagogia di scuola.

L’Ecole Nationale di Montreal

La forza dei collettivi
La forma creativa e organizzativa vincente degli ultimi anni é sicuramente quella del collettivo: artisti, generalmente usciti dalle scuole di fine secolo, che si uniscono nel creare una compagnia capace di imporsi nel circuito teatrale e con un processo autoriale condiviso. Il risultato di questi percorsi é la grande capacità di diffusione internazionale: anche per la vivacità di estetiche e la fertilità nel generare con regolarità nuove creazioni. Dalla Francia si é imposta la Compagnie XY, il modello di collettivo per eccellenza, numerosissimo (oltre venti dei migliori acrobati francesi), ma con pari energia e carattere si impongono anche La Meute e Un Loup pour l’Homme. In Canada Le 7 Doigts de la Main ha raggiunto uno status industriale nel circuito mondiale del teatro, con più produzioni in contemporanea, stimolando altri esempi nel proprio Paese, come Cirque Alphonse o Flic Fabrique. Vivacissima continua l’espansione del nuovo circo spagnolo in Catalogna, da cui sul mercato internazionale si sono imposte le creazioni neoclassiche di Adrian Schvarzstein, primo tra tutti l’intramontabile Circus Klezmer. Il modello del collettivo nell’ultimo decennio ha mostrato uno spostamento del circo contemporaneo verso l’Europa del Nord e il mondo anglosassone, prima meno vivaci. Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia stanno generando compagnie notevoli e un grande rilancio si é avuto anche nel Regno Unito. Più di un collettivo proviene anche dall’Australia, dove Circa è diventata una delle compagnie circensi più fertili e diffuse al mondo, o dall’Europa dell’Est, come La Putika.
Altri sono frutto di fusioni tra artisti scandinavi e spagnoli, come i più intimisti Sisters o Psirc.

Collectif AOC (2014)

Collettivo Sisters (2014)

Il circo oltre il circo
A fronte dei collettivi, una ricerca interessante continua con il lavoro di solisti o piccoli formati che in molti casi polverizzano l’atto circense in una ricerca visuale che va oltre il circo: é il caso del gruppo finlandese Nuaa, nel cui lavoro “Lento”, i protagonisti sono palloncini bianchi; o la meta-giocoleria di Non Nova in cui buste di plastica danzano sulle note di Debussy animate da ventilatori; e ancora il gioco ingannevole con lo spazio di Claudio Stellato; le imprevedibili piéces gestuali di Jeanne Mordoj; il caos gestuale e ambientale nello sterminato ricettacolo di oggetti di Raphael Boitel; le animazioni digitali di Adrien Mondot; la ricerca ai confini dell’illusionismo di Raphael Navarro, in cui la danzatrice Fatou Traoré distrugge la nozione di gravità tra evoluzione e levitazione; l’incanto semplice negli squilibri di panche di legno della compagnia Ieto o nella tensione di cui é capace Lonely Circus; la derisione gestuale di Animal Religion o la satira estrema di Subliminati Corporation; fino alle imponenti macchine sceniche e sonore della compagnia svizzera Zimmerman – De Perrot.

Raphaelle Boitel (2012)

Nuua (2013)

Gli spazi del circo
La vivacità della forma genera creazioni che sono legate per natura a spazi specifici, e quindi a circuiti. Un rilancio dell’ultimo decennio é sicuramente il ritorno al tendone. Sono sempre maggiori le troupes che scelgono di portarsi dietro il proprio spazio, che diventa forma stessa della creazione e elemento di sicuro fascino. E’ una scelta diffusa soprattutto in Francia, Spagna e Italia.
La configurazione più diffusa e flessibile é sicuramente quella all’aperto, in cui diventa difficile la distinzione tra circo e teatro urbano, e dove la fruizione gratuita e le regole spaziali impongono scelte creative diverse.
La frontalità teatrale resta in genere il formato più diffuso, in alcuni casi raramente flessibile: compagnie come Les 7 Doigts necessitano ormai di palcoscenici di dimensioni importanti e giorni di montaggio; altre come No Fit State riprendono la caratteristica immersiva propria a molto teatro, in cui artisti e pubblico sono distribuiti in un spazio modulabile; realtà più piccole hanno bisogno di configurazioni speciali per soluzioni visive spesso dovute all’uso sofisticato della videoarte o dell’ illusionismo visivo (come Etienne Saglio, Yann Frisch o la compagnia 10:15).
Il dialogo con la scena porta anche a risultati sorprendenti sul piano del linguaggio: le compagnie Feria Musica e Circa esplorano il dialogo con il mondo dell’opera lirica; l’unione tra il classicismo equestre di Alexis Gruss e gli estetismi aerei dei Farfadais riesce ad animare in maniera inattesa un luogo ancestrale come l’anfiteatro romano di Orange.
Altre compagnie sono capaci di una flessibilità totale anche nel grande formato, capaci di proporre una stessa creazione in piazza, in sala o nel tendone: il collettivo acrobatico XY e la Compagnia Arcipelago di Alessandro Serena sono tra quelle con il maggior numero di repliche grazie anche a questa loro capacità.

No Fit State Circus – “Bianco”

Etienne Saglio – “Les Limbes”

Ritorno al tendone
Dopo il 2010, si impone con forza più che in passato la scelta del tendone. Un ritorno alle origini? Se può sembrare la soluzione più onerosa (ricerca di spazi, costi, viaggi, montaggi), appare in realtà come un’esigenza di identità artistica e autonomia gestionale, di complessa simbiosi creativa e abitativa: come per i pionieri del circo di ogni epoca. Il circo é quello spettacolo in cui la simbiosi tra luogo e opera sembra necessaria già dai primi passi del processo di creazione. La fisicità degli spettacoli prorompe quando riparte dalla circolarità, definendo le proprie poetiche visive anche in altezza e in ogni altra direzione. Il tendone permette una protezione rispetto allo spettacolo di strada, un’indipendenza dal circuito delle sale, senza negare una complementarità con esso. E rimette al centro molte altre cose: l’approccio avventuroso proprio ai pionieri del circo, il dialogo prepotente e fertile con la comunità urbana: aspetto questo che i tendoni tradizionali avevano perso, relegati in periferia dalla fine del secolo scorso. E’ probabile che il modello sia stato incoraggiato dalla capillarità e dal fascino del Cirque du Soleil che, novello Barnum, continua a portare la sua enorme città viaggiante nei cinque continenti. E’ pur vero che i longevi pionieri francesi degli anni ’70 non hanno mai davvero lasciato il tendone: i circhi Plume e Baroque e Zingaro, oltre all’intramontabile Alexis Gruss. Ad essi si sono affiancate esperienze neoclassiche, legate a famiglie circensi che hanno scelto il circuito contemporaneo: primo fra tutti Cirque Tzigane Romanés, poi la famiglia Morallés, e il sempre sorprendente Rasposo. Sul loro modello si sono mossi anche il Cirque Desaccordè, Cirque Trottola e il collettivo Chaptel Aeikoum; l’intenso lavoro del Cirque Aital; e dagli anni ’90 permane il theatre du Centaure. Ma sarebbe impossibile citarli tutti: attualmente il 20 per cento delle compagnie francesi si muove con un proprio chapiteau. Il fenomeno é meno diffuso nei Paesi nordici o in Quebec (anche per evidenti ragioni climatiche), ma presente nei Paesi mediterranei. In Catalogna da almeno tre generazioni di spettatori il Circ Cric é un simbolo di circo contemporaneo popolare; il figlio del suo fondatore Tortell Poltrona, Blai Mateu, si è formato in Francia dando vita a un tendone tra i più interessanti della nuova generazione: la visionaria compagnia Barò d’Evel. Il tendone si presta anche a un minimalismo che non lega l’esaltazione della virtuosità: é il caso dello svizzero David Dimitri, figlio d’arte, che con “L’Homme Cirque” crea un one man show eccellendo in numerose discipline.
Il tendone inizia a far presa anche in Italia: se l’operazione più compiuta e di successo è quella del Circo El Grito (alla cui solidità sono influenti tanto l’esperienza nel circo classico quanto la frequentazione di un maestro della danza come Giorgio Rossi), con altre estetiche e modalità emergono Cirko Paniko, Magdaclan, Side Kunst.

David Dimitri – “L’Homme Cirque”

Cirque Rasposo (2014)

Nuovo circo e industra dello spettacolo
Il grande pubblico é abituato al nuovo circo attraverso il circuito industriale dello spettacolo di ntrattenimento. Il modello é evidentemente il Cirque du Soleil, con ormai circa venti spettacoli in contemporanea nel mondo, tra tournée, produzioni per luoghi fissi, eventi speciali. Ultimamente la compagnia é riuscita a proporre riedizioni di vecchie creazioni in formati da palasport: é la nozione di repertorio già collaudata dal mondo dei musical, della danza e della lirica. Il Cirque du Soleil é diventato anche azionista del Cirque Eloize, la prima compagnia al mondo che negli anni ’90 era riuscita a creare un circuito regolare di circo in palcoscenico. Ancora più teatrale ed imponente é la ricerca della compagnia Finzi Pasca sempre nella cornice frontale del palcoscenico. In questi grandi spettacoli, il principio di creazione é più di natura neoclassica che contemporanea. Il modello, seppur con estetiche di oggi, resta quello tardo-novecentesco di un team artistico che integra in una visione unitaria numeri singoli scritturati dall’esterno, intermezzi comici di “personaggi”, un ensemble acrobatico di base e un’orchestra.
La sfida della creatività nel nuovo circo di tipo industriale è stata portata avanti da Franco Dragone, che dopo il 2000 ha abbandonato il Cirque du Soleil per produzioni proprie. Nel caso di Dragone non si parla più neanche di circo: budget quasi illimitati dovuti alle commissioni di privati, permettono al creatore tempi di ricerca tali da spingere al massimo una interessante integrazione tra danza contemporanea, acrobatica, videoarte, effetti speciali e scenotecnica motorizzata. Ciò avviene per spazi immensi appositamente edificati, trasformabili in piscine, in cui il regista-produttore ama confrontarsi spesso con l’estetica della rarefazione e del vuoto. Nel caso di Dragone, le cui creazioni sono richieste sempre più in estremo oriente, é anche in atto un interessantissima simbiosi artistica tra oriente e occidente.

Daniele Finzi-Pasca, “La Verità”

Reti, centri di creazione, fruizione
È sorprendente come il circo contemporaneo abbia una solida strutturazione internazionale, in un networking raro anche rispetto ad altre arti.
Il sistema-modello di partenza é forse quello francese, che a livello governativo ha identificato una decina di “poli” circensi sul territorio, dedicati a formazione, residenze di creazione e programmazione. Un modello che in Italia sta iniziando a prendere forma in varie realtà del Piemonte. A Montreal è nata la Tohu, una vera e propria cittadella del circo, in un programma di riqualificazione urbanistica che vede affiancati l’immenso quartier generale del Cirque du Soleil, l’imponente scuola nazionale e un circo stabile. A Barcellona la Central del Circ supera la nozione di scuola o di residenza per essere un centro di varie attività a più livello di approfondimento per artisti e formatori di circo. Esperienze analoghe si trovano ormai in Australia, nel Regno Unito e in Scandinavia. Le forme di aggregazione e contatto viaggiano anche attraverso forme corporative transnazionali, come la piattaforma digitale europea Circostrada o quella statunitense Circus Now, attraverso coordinamenti preziosi del settore, come la Fedec in Europa (per le scuole), En Piste in Canada. Una serie di progetti europei permette la selezione e l’accompagnamento graduale di creazioni emergenti, come la piattaforma Circus Next.
Qual’é oggi la fruizione del circo contemporaneo? Sicuramente il genere ha contaminato le stagioni teatrali regolari in tutto il mondo, ed é ormai protagonista dei festival multidisciplinari che animano soprattutto le estati nell’intero pianeta. La sala teatrale sembra la destinazione per le creazioni più compiute, anche se la plasticità dell’acrobata genera anche proposte decisive nel riformulare l’arte negli spazi urbani, e il tendone (con la sua autonomia anche gestionale) é una modalità collaudata oltre il secolo di esistenza. Non mancano i festival specifici di circo, che si moltiplicano ovunque anche se nella maggior parte l’espressione “circo contemporaneo” è diventatata una facile moda per ribattezzare proposte varie di teatro di strada o buskers.

Il centro di creazione del Cirque du Soleil

A cura di Raffaele De Ritis

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