L’esplosione del circo contemporaneo

Ph © Luisa Lupporini

È negli anni ’80 che si inizia a diffondere il concetto di “nuovo circo”. Le arti dello spettacolo stabilizzano codici nuovi  all’interno di danza, lirica e teatro aprendone i confini; a fianco ad essi nasce un genere nuovo, il “teatro di strada”. Per l’arte circense è solo questione di tempo. Il circo classico sopravvive grazie alla novità degli artisti dell’Est, sempre più spesso nei tendoni occidentali, complice il ruolo diplomatico del Principato di Monaco, con la creazione del Festival di Monte Carlo (dal 1974): essi sono l’esempio crescente di scuole e talenti non nati nelle famiglie, nelle quali invece gli oneri gestionali indeboliscono la trasmissione del sapere artistico. Se in Paesi come Germania e Italia la tradizione circense rimane solida (seppur la crisi ridimensiona la qualità delle proposte), altrove come in Gran Bretagna, Spagna e Francia negli anni ’80 c’é un vero azzeramento di un sapere secolare.

Le basi: Francia, Canada Russia
È in Francia che dal 1981, con il primo governo socialista, la politica rinnova il sistema delle arti con attenzione anche verso quella circense. Dapprima c’é un tentativo, fallito, di istituzionalizzare il patrimonio classico sostenendo come Cirque National le creazioni di Alexis Gruss, in cui (sul modello sovietico) i numeri della tradizione venivano tematizzati da un metodo registico. Nel 1985 il governo crea l’ambizioso CNAC, Centre National des Arts du Cirque, prima scuola pubblica di circo nel mondo occidentale. Se ci vorranno anni per un avvio solido, il gesto politico é molto forte e influente nel mondo. Già nel 1981 in Canada, a Montreal, era nata una scuola sul modello di quelle dell’Est, che diventa Ecole Nationale du Cirque, oggi tra le più importanti al mondo. In Quebec si crea un incrocio interessante con lo spettacolo di strada di modello europeo, che nel 1984 darà vita al Cirque du Soleil: una troupe che ha come basi l’eccellenza di artisti del vecchio mondo e la spettacolarità del teatro americano, ma anche la purezza del circo cinese e la teatralizzazione del circo classico. Ancora una volta, i tre grandi riferimenti circensi anche per il Soleil sono il modello sovietico, l’esempio francese di Gruss e Fratellini e il sistema estetico e commerciale del tedesco Roncalli.
È negli anni ’80 che nel frattempo il “Circo di Mosca” raggiunge una maturità registica e autoriale, promossa con tournées sempre più frequenti in occidente in cui si vedono numeri e concepiti sempre più come opere compiute: in esse si scopre la vera tappa fondante della coreografia circense moderna, il poema aereo “Le Cicogne”, applaudito nei cinque continenti. I confini del circo si aprono chiaramente alla danza, e il suo immaginario si allontana dagli stereotipi classici.

“Le Cicogne” al Circo di Mosca (1986)

Il primo “Cirque du Soleil” (1985)

Un nuovo immaginario per nuovi circuiti
Il vantaggio di russi e i canadesi era l’assenza di un preconcetto “romantico” del circo. Ma anche in Francia, dove abbiamo visto il primo movimento di “nouveau cirque” come evoluzione dal classico, qualche troupe inizia a gradualmente sconfinare in nuove estetiche. Due sono i casi di maggior impatto, emersi a metà anni ’80, e con due universi agli opposti. Zingaro, che col “Cabaret Equestre” incrocia la tradizione dello spettacolo con i cavalli con l’universo e la musica gitana; Archaos, che al cavallo sostituisce motociclette volanti e automobili che esplodono, proiettando la pista classica in una distruzione post-industriale. In realtà si tratta ancora di forme di confezione di numeri classici: ma vi è un lavoro sui personaggi, sul rapporto con la musica, sulla drammaturgia visuale. Zingaro nel 1988 arriva anche in Italia, con un successo dirompente, introducendo la nozione di nuovo circo nel circuito teatrale. Il nostro Paese tarda ad avere un movimento di nuovo circo: come in Spagna e Germania, fino al Duemila é ancora forte l’offerta tradizionale. L’Italia non era del tutto nuova a stimoli: il circo Gruss era stato al Carnevale di Venezia nel 1981, e negli anni ’80 erano frequenti le tournèe del Cirque Imaginaire di Thierreé. Inoltre la danza aveva abituato compagnie di confine (Pilobolus, Momix, Mummenschanz), e per alcuni anni l’Italia fu patria dei due maestri del nuovo clown, Jango Edwards e Leo Bassi.
La Francia degli anni ’80 sa generare un gruppo solido di nuove compagnie. Oltre ai due “colossi” dell’innovazione Zingaro e Archaos, sono importanti i neoclassici Plume e Baroque, che con i loro tendoni riescono a conquistare pubblici nuovi; poi il Cirque en Kit, Le Grand Celeste e la Compagnie Foraine, la compagnia Maripaule B./Philippe Goudard, o il più intimista Docteur Paradi; o esempi di lettura contemporanea della tradizione come Les Oiseaux Fou, la famiglia Moralles, Charivari Equestre e il pioniere della nuova giocoleria Jerome Thomas.
Nel Nord America é decisivo l’ingresso del Cirque du Soleil nel mercato statunitense: con esso, alla fine degli anni ’80, il nuovo circo diventa l’alternativa a musical e danza. E’ a Broadway che si afferma il russo Valentin Gneushev, il più influente regista circense di questi anni: con la produzione Cyrk Valentin nel 1991 nasce il filone del nuovo circo da palcoscenico, che diverrà la caratteristica del Cirque Eloize. A New York si istituzionalizza poi l’avventura del Big Apple Circus, che entra nella programmazione culturale del Lincoln Center di New York già dal 1993, con un impianto registico a tema e un pool di creativi attorno a numeri della tradizione, con una nuova creazione ogni anno. Nel resto del mondo anglosassone le prime compagnie di nuovo circo emergono nel Regno Unito (complice la decadenza di un glorioso circo tradizionale e la grande tradizione di cabaret) e in Australia, dove é forte il carattere derisorio del Circus Oz.

Zingaro (1985)

Archaos (1988)

Un prima e un dopo: la Francia degli anni ’90
Negli anni ’90, la Francia riesce a imporre un modello di rottura grazie al nuovo corso del CNAC, dovuto alla direzione visionaria di Bernard Turin: gli spettacoli di fine anno vengono affidati a firme della danza contemporanea, a contaminazioni con le arti plastiche o con la ricerca sonora. E’ un modo realmente nuovo di fare circo, che introduce la dissoluzione della “nozione” di numero, a favore di una multidisciplinarietà dell’ensemble. La prima e più storicizzata di queste esperienze é “Le Cri du Caméleon”, coreografato da Joseph Nadj nel 1996. E’ per molti l’atto di nascita di un reale “circo contemporaneo”: dal successo dirompente, il progetto proietta il circo oltre i confini del genere, e lo legittima come genere di contaminazione al confine con la migliore danza contemporanea. E’ l’inizio di un’epoca in cui il nuovo circo prende forma come oggetto sfuggevole ai generi, ai circuiti, al pubblico, ai media. Nonostante la capacità istituzionale di imporsi anche all’estero e sui media, il modello non avrà un reale impatto sul circo commerciale: restano però fondamentali sia l’influenza estetica che la capacità degli allievi di creare una nuova e ricchissima generazione di circensi. L’eredità di queste esperienze é la struttura multidisciplinare dello spettacolo circense: se i sovietici e poi gli innovatori degli anni ’70 e ’80 (e ancora oggi il Cirque du Soleil e altri) tematizzavano e legavano i numeri classici, qui per la prima volta si assiste ad un’implosione, in cui i singoli numeri si disgregano al servizio di una creazione collettiva. E’ uno stile che influenza alcuni dei primi collettivi di artisti, quasi sempre diplomati del CNAC. Se nelle scuole classiche il solista o il duo formavano un “numero” compiuto per il circuito impresariale, la pratica costante di questi allievi é quella di mettersi insieme e creare un gruppo per affrontare direttamente il mercato del lavoro con spettacoli interi, per il circuito teatrale più che circense. I primi sono di formato intimista ma di grande impatto, tra cui s’impone per esempio la ricerca contemplativa di Que-Cir-Que ma anche la forza derisoria di Gosh, entrambi con un loro tendone. Emergono in seguito compagnie di maggior respiro e impatto: soprattutto Anomalie (su cui influisce anche la personalità determinante del coreografo Guy Alloucherie) e la Compagnie 111 di Aurelien Bory ( a cui si deve anche la regia dell’applauditissimo Taoub, col collettivo acrobatico di Tangeri) ma anche le compagnie Cahin-Caha o Convoi Exceptionnel.
Altro fenomeno di rottura degli anni ’90 é la declinazione monodisciplinare di quelle che ormai qualcuno inizia a chiamare “arti della pista”: una compagnia o un artista possono specializzarsi a creare uno spettacolo intero su una sola disciplina. Il settore più fertile é inizialmente quello della giocoleria, che con la sua tendenza ludica gode già di autonomia. Il principale innovatore europeo é Jerome Thomas, la cui formazione neoclassica non impedisce una profonda ricerca sul linguaggio e una filiazione di notevoli allievi, come la compagnia Non Nova di Philippe Menard, o Ezec Le Floch e Vincent Lavenère. Facilmente si diffondono anche le arti aeree, in cui emblematici sono i trapezisti Art’Sauts (attivi già dal 1993), con il loro spettacolo nella bolla trasparente; le arti equestri, sul modello di Zingaro, generano interessanti forme come quella del Theatre du Centaure. Si assiste poi a una prima generazione di solisti in cui la formazione di base nelle arti acrobatiche é una tentazione per sconfinare nella danza o nelle arti plastiche: Mathurin Bolze e prima ancora Joan Le Guillerm sono stati gli esempi più compiuti, oltre a Jean Baptiste André, tra i primi a mettere il corpo acrobatico in relazione con la videoarte. In essi, la ricchezza del lavoro sul corpo é inscindibile dalla visionarietà scenotecnica degli spazi e degli oggetti.
Ma l’artista-rivelazione degli anni ’90 é forse James Thierrée: il primo autentico figlio d’arte di “nuovi circensi”, formatosi in famiglia al di fuori dei circuiti del circo contemporaneo e degli aiuti istituzionali. E’ capace di costruire una serie di elaborate creazioni che lo rendono celebre nel mondo. Di diverso tenore, e di ancora maggior successo commerciale, é Slava’s Snowshow. Il russo Slava Polunin, co-fondatore del gruppo russo di nuovi clown Litsedei, riesce ad elaborare una sintesi di clown moderno capace di incantare generazioni e culture diverse. Anche nel nuovo circo francese alcune esperienze minori tentano di rinnovare il linguaggio del clown: Les Nouveaux Nez, Les Cousins, Les Acrostiches.
L’Italia intercetta gradualmente il nuovo circo alla fine degli anni ’90. Slava Polunin arriva nel 1998 a Roma, e nel 1999 Zingaro é a Spoleto. Ma la legittimazione culturale e mediatica del circo contemporaneo avviene con la Festa del Circo di Brescia (dal 1999) e con la Biennale di Venezia, che ospitano per qualche anno il meglio del nuovo circo internazionale. L’affermazione popolare decisiva si avrà nel 2002 con l’enorme successo della prima apparizione in Italia del Cirque du Soleil: una forma in realtà neoclassica rispetto alla decostruzione propria alle avanguardie, ma sufficiente per affermare in modo definitivo un’altra possibilità di circo anche nel nostro Paese.

CNAC -Cri du Cameleon (1996)

Johan Le Guillerm (1995)

Les Arts Sauts (1998)

A cura di Raffaele De Ritis

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